«Un po’ di musica fa bene all’anima». Juri Camisasca visita la Fondazione
«Un po’ di musica fa bene all’anima. Ma bisogna scegliere bene e capirne un poco». Potrebbe essere questa frase, che il futuro papa Giovanni scrisse ai familiari il 16 marzo 1943, la sintesi della piacevole conversazione con il musicista e cantautore Juri Camisasca che, accogliendo volentieri l’invito di Valter Dadda, segretario della Fondazione Papa Giovanni XXIII, e accompagnato da Gianfranco Dodesini, ha visitato l’istituzione che raccoglie e studia l’eredità spirituale del Papa bergamasco.
L’occasione è stata propiziata dal ritorno a Bergamo dell’artista milanese, che da molti anni vive in Sicilia. Dopo il successo della «adunanza mistica», il 2 settembre scorso, al santuario della Cornabusa, Camisasca è tornato in terra bergamasca per proporre Laudes, album dai forti accenti spirituali, che rispecchia il suo lungo cammino di ricerca. Il concerto si è tenuto venerdì 24 settembre ad Abbazia di Albino, nella bella chiesa dell’antico monastero benedettino. Rimandato a causa della pandemia, l’appuntamento musicale era atteso e desiderato, tanto da essere sold out da più di una settimana, benché annunciato senza grande battage mediatico. E non ha deluso. I numerosi brani proposti, per l’intensità dei testi e le delicate melodie, hanno saputo creare un’atmosfera contemplativa, comunicando al folto pubblico convenuto un’onda di pace e di gioia intima.
Proprio sul rapporto tra musica e spiritualità si è concentrato il dialogo alla Fondazione Papa Giovanni XXIII. Interpellato sul suo percorso spirituale, Camisasca ha dichiarato le sue iniziali simpatie per Shankara (VIII sec. d.C.), Aurobindo (1872-1950) e, più in generale, per le filosofie orientali, concentrate sull’esplorazione del mondo interiore: «Mi sembrava che quel mondo offrisse risposte a quella sete di felicità che mi portavo dentro, quell’anelito alla felicità vera [quella che il filosofo Seneca chiama “vita beata”], che alla fine è l’obiettivo di ogni ricerca religiosa». Queste frequentazioni hanno lasciato il segno in vari testi.
Poi, con la chiamata all’esperienza monastica, una nuova consapevolezza, che non rinnega ma approfondisce la tappa precedente: «La ricerca di Dio troppe volte è pensata come uno spaziare oltre la vita, in un universo “altro” da quello quotidiano. Invece si scopre che il trascendente è qui, non altrove, e l’uomo è, per così dire, la “casa” di questo trascendente». E allora ecco la passione per i Padri del deserto, sant’Agostino, Meister Eckhart, i mistici carmelitani Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, che continuano a ispirare la sua opera. Questa qualità cristiana della mistica ha infuso linfa nuova alla sua produzione, focalizzando alcuni temi importanti: per esempio, la grandezza della creazione, per mezzo della quale Dio comunica bellezza e valore al mondo; e ancora, la centralità dell’incarnazione, per cui Dio non è “oltre” ma “dentro” il mondo (Tocchi terra, tocchi Dio, titola un bellissimo pezzo). E poi, la memoria della storia della salvezza, attestata dal popolo di Israele e dalle Sacre Scritture (nei dolci ritmi orientaleggianti di Israel riecheggiano versetti dei Salmi 114 e 115), e illustrata dai Santi, come Edith Stein, in Il carmelo di Echt). In questa prospettiva, l’amore costituisce la cifra fondamentale dell’esistenza, come recita L’impermanenza, quasi una cantata francescana, o come suggerisce il pezzo Sant’Agostino, che canta la splendida preghiera “Sero te amavi”, tratta dalle Confessioni agostiniane. E la nostalgia dell’eterno si esprime nel desiderio di incontro definitivo con il Tu divino (Non cercarti fuori).
La spiritualità è tutt’altro che una fuga dal mondo; al contrario, è risposta alla vocazione di condividere la passione di Dio per il mondo. Confida Camisasca: «La mia vita è stata diretta da motivi spirituali. Per esempio, la scelta della vita monastica, che ho condotto per molti anni, è stata una scelta motivata da un “perché” spirituale. Quando ero monaco, mi capitava spesso di incontrare persone che mi chiedevano: “Perché Lei, che ha possibilità nel campo musicale, si è ritirato in monastero? Forse a motivo di qualche delusione d’amore?”. Come a dire che la scelta monastica è una fuga, un ripiego. Invece no: per me la chiamata alla vita monastica è stata un’esperienza molte forte; ero talmente ottuso e al di fuori del mondo spirituale che c’è voluto un intervento molto deciso da parte dell’Altissimo che mi risvegliasse da un torpore mortale».
Camisasca si è felicemente meravigliato della cultura, anche musicale, di papa Roncalli. Di lui conserva il ricordo di una figura paterna, popolare, dalla semplicità disarmante. Rivela di essere stato quasi folgorato dal “magnetismo mistico” di Giovanni XXIII: «Quando sono stato al santuario della Cornabusa, mi è stata mostrata una fotografia di Roncalli [un paio di mesi prima di diventare papa], assorto in preghiera, quasi in estasi, davanti alla statua della Vergine. Di quello scatto mi ha molto colpito il “magnetismo” che la sua persona emanava, una fortissima intensità, quasi un rapimento mistico».
Alla fine, è ancora una nota di Roncalli a offrire lo spunto per alcune considerazioni sul ruolo educativo della musica: «Parigi, 2 febbraio 1951 […]. A sera audizione della Passione di S. Matteo di Johann Sebastian Bach. Per me una rivelazione e un godimento spirituale inatteso e ineffabile. Autore e musicisti e ambiente, si vede, tutto protestante. Come prego per loro mentre gusto sentimenti che ci sono comuni nel culto e nell’amore di Gesù». «Non l’avrei mai detto che papa Giovanni avesse questa simpatia per la musica», commenta meravigliato Juri Camisasca, e aggiunge: «Dimmi che tipo di musica ascolti e ti dirò chi sei». Composizioni come i corali di Bach sollevano l’anima ad altezze superiori, fanno pregustare il Paradiso, uniscono, creano comunione. «Oggi, invece – prosegue il cantautore – in certi tipi di musica c’è troppa polemica, troppa violenza, si arriva perfino agli insulti e allora non può esserci crescita spirituale, perché la spiritualità deve portare all’amore». E conclude: «Il nostro tempo è pieno di violenze, invidie, malumori, scontenti, tragedie di ogni tipo. In questo mare di tribolazioni, di sofferenze, di mancanza di gioia, cerco di dare una piccola luce, un piccolo seme di speranza. Anche un musicista ha una missione».
Ezio Bolis